venerdì 7 ottobre 2011

Vucinic: «Voglio scrivere la storia con la Juve»

PODGORICA - Uno Stato in fi­brillazione. È la piccola (13.800 chilometri quadrati, come il Tren­tino Alto Adige), giovane (si è af­francata dal “giogo” della Serbia soltanto cinque anni fa), ma com­battiva Repubblica del Montene­gro la cui Nazionale questa notte in un Gradski Stadion gremito si­no all’inverosimile ha la possibi­lità di ipotecare la qualificazione agli Europei 2012 se batterà la potente Inghilterra di Fabio Ca­pello nella sfida clou del Gruppo G. Un evento storico per tutti i montenegrini, molti dei quali si recheranno allo stadio indossan­do la maglia bianconera (o rosa) numero 14 della Juventus, ovve­ro quella del loro capitano e idolo Mirko Vucinic, il talento nato a Niksic 28 anni fa che sta facendo volare la Vecchia Signora in vetta alla classifica della Serie A per i rinnovati sogni tricolori di 14 mi­lioni di tifosi.

Vucinic, Montengro-Inghilterra è un po’ Davide contro Golia...

«Se vi piace descriverla così... Però vorrei ricordare che all’an­data a Wembley, giusto un anno fa, finì 0-0, noi colpimmo nel fina­le una traversa con Jovanovic e io non ero neppure in campo perché infortunato... Mica male per esse­re Davide, no?».

Sarete caricati a mille...

«Certo, perché nel nostro stadio giocheremo in superiorità nume­rica: il pubblico montenegrino è caldissimo e come sempre farà un tifo indiavolato. È davvero il no­stro dodicesimo giocatore».

Un po’ come i tifosi del nuovissi­mo Juventus Stadium...

«Perché no... Nel successo contro il Milan parte di merito va anche ai nostri paladini. Sentire il loro incitamento così da vicino, senza pista di atletica, è sicuramente un vantaggio da tenere in conto per tutta la stagione».

Cos’è cambiato dopo il successo sui campioni d’Italia uscenti?

«Abbiamo assunto maggior con­sapevolezza nei nostri mezzi, l’au­tostima è aumentata, sappiamo che possiamo arrivare lontano. C’è uno spirito vincente che il no­stro allenatore ci sta trasmetten­do. Però attenzione: guai a mon­tarsi la testa perché non abbiamo ancora conquistato niente. I con­ti si fanno sempre alla fine e noi dobbiamo lavorare, lavorare e an­cora lavorare».

Ha sentito degli elogi del nostro ct Prandelli che ha paragonato Conte a Lippi?

«Sì, e se lo dice lui che pure è sta­to un bianconero, c’è da credergli. La Juve di Lippi era la squadra da battere: noi vogliamo imitar­la ».

Esiste un punto di contatto fra il suo “piccolo” Montenegro e la sua “grande” Juventus?

«Ebbene sì: la filosofia del tutti per uno e uno per tutti. Siamo due gruppi molto uniti, sia a livel­lo di Nazionale che di club : diamo tutto e di più in campo per centra­re la vittoria. Col Montenegro vo­gliamo fare la storia, con la Juve vogliamo rifarla».

Leggi l'intervista completa nell'edizione odierna di Tuttosport


Massimo Franchi - Tuttosport.com

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